Segnali d’arte II

Già Roberto Benigni a metà degli anni 90, nel suo “Tuttobenigni”, rilevava l’inaccettabile imposizione dettata dai cartelli stradali. “Uno come Gandhi cammina e trova un cartello che dice vietato fermarsi. Tu fai un cartello per fermare Gandhi”. Dev’essere un’idiosincrasia tutta toscana. Anche di chi, come l’artista bretone Clet Abraham, è toscano solo d’adozione. Anacleto, questo il suo nome all’anagrafe, è nato a Quimper nel 1966, da vent’anni vive in Italia e da cinque a Firenze. Nasce dall’incontro tra una impellente necessità di comunicare e la volontà di migliorare il patrimonio visivo dei passanti il suo progetto legato alla segnaletica stradale. “La presenza ossessiva e aggressiva dei cartelli stradali è una provocazione per un artista visivo – spiega Clet –. Esteticamente molto presenti, ma con un contenuto molto povero, sono spesso umiliazioni alla dignità umana. Non potendoli togliere ho pensato di migliorarli, dandogli un significato più nobile, più intelligente o a volte semplicemente più simpatico. Sono però molto attento a non intralciare la lettura originale, anzi cerco di stare in tema e di non danneggiarli materialmente, utilizzando adesivi rimovibili”. E così è iniziata l’invasione di Firenze, cominciando con la serie de La Pietà: un omino nero stilizzato, crocefisso sui cartelli di “strada senza uscita”. Sono seguiti gli angeli e i diavoli, poi omini che interagiscono con le varie parti dei segnali stradali, lentamente è nata quella che lo stesso artista definisce “una mostra urbana”. In una sorta di percorso a ritroso tra capitali, dal capoluogo toscano Clet ha deciso di esportare la sua opera a Torino: “Siamo stati in città verso la metà di novembre; per realizzare il blitz abbiamo impiegato tre notti. Ho scelto Torino perché mi piace, in qualche modo credo in quella città del Nord. E poi gli affetti, amici e tanti ricordi, legati alla mia compagna che ci ha vissuto per molto tempo”.

E così una mattina di fine autunno la segnaletica torinese ha iniziato ad animarsi. Su di un cartello di divieto di accesso, un piccolo omino nero, a fatica, tentava di rimuovere il divieto sobbarcandosi il peso di quella barra bianca su sfondo rosso. Un cuore trafitto dalla freccia di un segnale di obbligo è comparso in piazza Emanuele Filiberto; in via San Domenico, davanti al Museo della Sindone, è stato omaggiato il Sacro Telo e una crocefissione ha decorato un cartello con vista sulle Porte Palatine.

“Luoghi scelti per cercare la visibilità, non a caso uno è in via Marenco sotto la sede de La Stampa, ma sono anche altri gli stimoli; la prossimità della casa dell’amico, la possibilità di inquadrare vicino al cartello un monumento importante, la sfida difficile e rischiosa”.

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